De Stasio (Barclays): «Sarà crisi fino all’estate 2010»

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De Stasio (Barclays): «Sarà crisi fino all’estate 2010»
08 Dicembre 2009
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De Stasio (Barclays): «Sarà crisi fino all’estate 2010»
L’amministratore delegato in Italia del gruppo bancario inglese è stato ospite di un incontro del Rotary Valsabbia a Villa Fenaroli

Vittorio De Stasio è a.d. di Barclays ItaliaREZZATOAlmeno fino all’estate prossima anche per l’Italia si prevedono lacrime e sangue, con alta mortalità aziendale e aumento della disoccupazione. Per tutto il 2010 le banche centrali non dovrebbero aumentare il tasso di sconto, così come per i tassi interbancari. Parola di Vittorio De Stasio, 50enne a.d. della Barclays Italia e membro del board europeo della prestigiosa banca inglese, che ha esposto le sue tesi in un affollato incontro a Villa Fenaroli (auspice il Rotary Valle Sabbia, guidato da Clara Stabiumi De Stasio), davanti a una folta rappresentanza del mondo istituzionale ed economico, tra cui il prefetto Narcisa Brassesco Pace, l’industriale (padrone di casa) Giampiero Ghidini, Giuseppe Pasini, presidente di Federacciai, Ugo Bianco Speroni, storico presidente di Fineco.
De Stasio aveva guidato la ripresa di Bipop Carire nel 2006. Poi fu chiamato da Barclays per un progetto di sviluppo senza precedenti in Italia: 180 filiali, (200 entro fine anno) in meno di tre anni, oltre 100 negozi finanziari Mutui e Prestiti, 200 promotori finanziari, 400 agenti mutuo e oltre 3mila broker. Barclays Italia nel 2009 ha incrementato il proprio erogato del 32%, per un valore sopra i 12 miliardi di euro.
L’elemento che attira i banchieri anglosassoni nel nostro Paese è il risparmio. Mentre negli Stati Uniti l’indebitamento delle famiglie viaggia intorno al 98% del reddito, in Gran Bretagna è al livello record del 115%, in Italia le famiglie raramente superano il 50%. Paradossalmente, anche le aziende poco capitalizzate nascondono imprenditori-titolari «con le spalle larghe». D’altronde il regime fiscale in Italia non stimola molto a produrre utili e a capitalizzare, ma ciò non vuol dire che manchino le riserve.
Le previsioni restano nere. Se l’Italia ha sofferto meno di altri in Europa è perché vanta un’economia più legata alla produzione industriale e meno alla speculazione finanziaria. Le banche italiane investono sulle famiglie e le imprese circa il 60% degli impieghi, contro il 40% delle banche anglosassoni: questo comporterà un peso maggiore nella ripresa, necessariamente legata all’innovazione di prodotti e di processi. Viceversa in Paesi come la Gran Bretagna si potranno forse recepire più velocemente i segnali di ripresa.
Egidio Bonomi

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