Valle Sabbia: cultura del lavoro e globalizzazione

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Valle Sabbia: cultura del lavoro e globalizzazione
14 Marzo 2016
Testata news: 

Si è riunito a Gavardo il gotha dell'imprenditoria valsabbina, in particolare dei produttori di acciaio, auspici i Club locali del Lions, guidato da Aurora Frigerio e del Rotary, guidato da Pierluigi Cordua, per ascoltare un'ampia relazione sull'attualità economica proposta da Giuseppe Pasini, Presidente del Gruppo Feralpi e Vice Presidente dell'Associazione Industriale Bresciana.

Nato a Odolo, classe 1961, Giuseppe Pasini, detto "Beppe", ha tutta la grinta dell'imprenditore valsabbino. Entrato in azienda giovanissimo nel 1982 l'anno successivo si trova ad affrontare la tragedia della prematura scomparsa del padre Carlo -  detto "Carlotto" - che lasciò nello sconforto non solo la famiglia ma un intero settore imprenditoriale valsabbino, quello siderurgico, che gli riconosceva una grande competenza, capacità e serietà, tutte qualità che sarebbero state preziose in quegli anni '80 che hanno segnato la grande crisi della siderurgia. Fu così che nel 1983 Beppe divenne consigliere delegato della Feralpi e dopo aver affrontato nei primi anni di lavoro la peggiore crisi che la siderurgia abbia conosciuto nell'ultimo secolo ha condotto l'azienda con grande maestria, aiutato anche dalla mamma Camilla e dai fratelli Giovanni e Cesare, che come ripete spesso il Presidente Pasini: "Sono molto più bravi di me!". Oggi il Gruppo Feralpi fattura oltre 1 miliardo di euro con molti stabilimenti nel settore siderurgico non solo in Italia ma anche in Germania, nella Repubblica Ceca e anche in Algeria.
L'intervento di Pasini ha preso il via con un omaggio sentito e convinto ai padri della siderurgia valsabbina e bresciana: Alessio Pasini, Nicola Leali, Gian Brunori e i fratelli Oliva che hanno sviluppato un modello industriale, quello della mini-acciaieria - cioè di una acciaieria che utilizza un forno elettrico, piccolo rispetto al grande altoforno - che ha segnato probabilmente l'intero sviluppo della siderurgia nazionale, se ancora oggi in Italia l'acciaio è prodotto per il 65% con il forno elettrico mentre nel resto d'Europa questa stessa percentuale è prodotta con altoforno. In tempo di crisi degli investimenti in opere pubbliche e private l'emergenza per Pasini sono oggi le importazioni selvagge. Giusto per fare un esempio: a fronte di un consumo annuo di acciaio in Europa pari a 150 milioni di tonnellate è recente l'annuncio che la Cina ha una sovracapacità produttiva per 250 milioni di tonnellate all'anno. Secondo Pasini l'imposizione dei dazi sulle importazioni, come avviene negli States, è oggi improcrastinabile e a coloro che temono ritorsioni sulle nostre esportazioni di made in Italy Pasini ha voluto ricordare che troppo spesso ci si dimentica di quali sono i settori strategici di una Nazione, per valore della componente tecnologica, per importanza strateghica e per valore delle quantità. Per quanto il fashion o il food rappresentino una fetta importante del Made in Italy, quantitativamente parlando rappresentano un valore molto inferiore rispetto alla produzione del manifatturiero. Manca per Pasini una politica industriale europea, d'altronde vedendo che l'Europa non si riesce a condividere una politica che gestisca la tragedia dei profughi, non vi sono molte speranze sul fatto che possa arrivare ad una posizione forte e coesa per una esigenza economica. Sulla vicenda ILVA Pasini si è detto molto amareggiato per come è stata gestita. A fronte di responsabilità che potevano essere chiarite e definite grazie anche all'intervento della politica si è distrutto tutto. L'ILVA con tutte le difficoltà del caso lavorava e guadagnava, oggi le riserve - pari a 2 miliardi di euro - sono state azzerate dagli attuali commissari e l'impianto lavora parzialmente con una perdita spaventosa. Con queste condizioni e con un contesto sociale così esasperato come si è lasciato crescere in questi anni secondo Pasini non vi sono possibilità di interventi seri da parte di operatori italiani, più probabile appare l'intervento di un operatore straniero che però - come è successo con i russi a Piombino - al primo raffreddore può decidere di mollare tutto lasciando i debiti alle banche.

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